Liberamente tratto da “Terzetto Spezzato” di Italo Svevo
Adattamento e Regia ROSSANA DASSETTO DAIDONE
Con DANIELA DE PELLEGRIN, ALDO NANO, FEDERICO SCARPINO
SINOSSI
GIULIA, una donna annoiata e irrisolta, da anni è sposata con ALFREDO, un ricco uomo d’affari e amico di GUIDO,uno scrittore narcisista e impenitente seduttore, da qualche tempo amante di Giulia. L’equilibrio di questo classico triangolo amoroso un giorno si spezza all’improvviso con la tragica morte di Giulia. Trascorso qualche mese Alfredo, dopo aver letto un libro sulla possibilità di evocare i morti dall’aldilà e desideroso quindi di parlare con la moglie defunta, chiede aiuto all’amico Guido per organizzare una seduta spiritica. Con la leggerezza tipica della pochade e la sottile ironia del paradosso, il Marito e l’Amante si ritroveranno così, faccia a faccia, ad evocare entrambi la stessa donna, ma equivocandone le qualità. Alfredo, infatti, non sapendo nulla del rapporto tra sua moglie e Guido, porterà il pubblico ad essere testimone di un divertito confronto con l’amico, tra dialoghi incalzanti, fraintendimenti e allusioni. Ma quando il fantasma di Giulia appariràtra loro si sveleranno tutte le subdole meschinità nascoste dietro a quella tanto desiderata evocazione.
Note di Regia
TERZETTO che ho liberamente tratto da “Terzetto Spezzato”, da Italo Svevo.
Questa commedia scritta nel 1927 porta in scena alcuni tra i temi più salienti di questo autore triestino e che ne sottolineano la sua cifra stilistica: l’autostima, l’inettitudine, il tradimento, il mal di vivere e la morte. Svevo tratta questi argomenti con pungente e scanzonata ironia.
“La vita somiglia un poco alla malattia ed ha giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle malattie però la vita è sempre mortale”.
Quando, per la prima volta mi trovai a leggere “Terzetto Spezzato” mi colpì immediatamente il taglio tragicomico dei personaggi, ingabbiati in quel triangolo forzato, dove ogni battuta evidenzia solitudine, incomunicabilità e cupa contraddizione.
Per questo motivo nel portarli in scena ho sentito la necessità di far sì che potessero raccontarsi prima di entrare in azione, potessero in qualche modo liberarsi dal peso di quella coscienza pulsante che li trattiene, potessero in qualche modo specchiarsi nel pubblico proprio un attimo prima di trasformarsi in tre marionette in cerca di espiazione.
Si ride con“Terzetto”, ma è una risata amara, a momenti anche dolorosa.
Rossana Dassetto Daidone