Dramma scritto e diretto da Stefania Barone Cabanera
storie forti e delicate di donne e centri di riabilitazione psichiatrica all’inizio del Novecento
Una serie di aggettivi che trascinano la commedia ambientata nell’Italia del nord intorno al 1920. Bugiarda, impertinente, cattiva, prepotente, ninfomane, impulsiva, nervosa, erotica, allucinata, irrequieta, ciarliera, irriverente, petulante, maledicente, irosa, incapace, smorfiosa, irritabile, clamorosa, esibizionista, dedita all’ozio, civettuola. Erano sufficienti tre di questi attributi perché diventasse patetico e incomprensibile tutto, e così non si era capace di convivere con ciò che non si comprendeva, fino ad avere la necessità di etichettare e spiegare e dissenziare tutto quanto, persino le cose inspiegabili per definizione. donne ricche, povere comuni, colte, per volere di un genitore, di un marito, di un medico venivano giudicate e condannate. In gran parte donne sane, in salute condotte alla follia da una reclusione forzata, da terapie inadeguate, in assenza della cura del sé, private dagli affetti, escluse dal mondo esterno e dalla vita reale…