Amedeo NAZZARI

nome d’arte di Amedeo Carlo Leone Buffa (Cagliari, 10 dicembre 1907 – Roma, 6 novembre 1979), è stato un attore italiano. 

Suo padre Salvatore Buffa era proprietario di un pastificio e sua madre Argenide era figlia del “vero” Amedeo Nazzari, già presidente della Corte d’appello di Vicenza, trasferito poi a Cagliari. Amedeo Buffa ha solo sei anni quando suo padre muore e la madre si trasferisce con lui e le sorelle a Roma. Qui compie gli studi presso un collegio di padri salesiani. In questo ambito matura la sua vocazione artistica fin dalle prime recite scolastiche, per poi passare ai palcoscenici delle filodrammatiche e arrivare infine, dopo aver abbandonato gli studi di ingegneria, al teatro vero e proprio.
L’esordio da professionista avviene nel 1927 con la compagnia di Dillo Lombardi, per passare negli anni successivi a compagnie più importanti come quelle di Annibale Ninchi, di Memo Benassi e di Marta Abba.
Nel 1935 è notato da Elsa Merlini che gli offre una parte nel film che sta per girare, Ginevra degli Almieri. La pellicola non avrà successo e Nazzari tornerà al teatro.
Ancora una volta sarà un’attrice, Anna Magnani, a intuire le sue doti: giovane artista allora emergente e moglie del regista Goffredo Alessandrini, la Magnani insiste con suo marito affinché Amedeo faccia parte del cast di Cavalleria. La sua prestanza fisica, arricchita dal fascino della divisa, diventa la principale attrazione del film che, presentato a Venezia alla Mostra del Cinema e poi proiettato in tutte le sale d’Italia, diventerà uno dei maggiori incassi del 1936.
Ancora un film in divisa sarà nel 1938 il suo secondo successo di pubblico: Luciano Serra pilota, sempre con la regia di Alessandrini. Ormai Nazzari è un volto conosciuto e sono molte le offerte di lavoro, ma le sue continue discussioni con i produttori per intervenire sui dialoghi dei film che interpreta e per suggerire cambi di sceneggiatura non previsti nei copioni, gli creano una fama di personaggio scomodo e indocile.
Nel 1941 alla IX Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il conte Giuseppe Volpi di Misurata gli consegna la Coppa del Ministero della Cultura Popolare come migliore attore per il film Caravaggio, il pittore maledetto, diretto sempre da Alessandrini, e sempre in quell’anno il celebre La cena delle beffe lo consacra definitivamente come “divo” del cinema. Il film, diretto da Alessandro Blasetti, è un dramma in costume che si svolge nella Firenze dei Medici. Tratto dall’omonimo poema di Sem Benelli, riscuote un enorme successo di pubblico e rimane nella memoria storica degli spettatori italiani per una serie di motivi: innanzitutto perché contiene la prima scena di nudo femminile (un’inquadratura di pochi secondi di Clara Calamai a seno nudo che varrà il divieto ai minori e la condanna delle autorità ecclesiastiche), poi perché riunisce nel cast due giovani amanti, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida che di lì a pochi anni andranno incontro ad un tragico destino accusati dai partigiani di collaborazionismo; infine per l’interpretazione intensa, e oggi diremmo anche un po’ gigionesca, di Nazzari, che in questo film recita la sua battuta più celebre: «…e chi non beve con me, péste lo cólga!». Ripetuta da tutti esasperando l’accento sardo del protagonista, diventerà col tempo un tormentone.
Dopo una serie di film minori interpretati durante il periodo bellico tra mille difficoltà, dopo il 1945 tornano i ruoli importanti con Un giorno nella vita di Blasetti, in cui interpreta un capo partigiano, Il bandito, diretto da Alberto Lattuada con Anna Magnani come co-protagonista, e La figlia del capitano tratto dal romanzo omonimo di Puškin e diretto da Mario Camerini, in cui affiancò Irasema Dilian.
Richiestissimo anche all’estero, si reca prima in Spagna per interpretare tre film, poi in Argentina dove però gli propongono di recitare la parte di un italiano criminale e corrotto. All’idea di dover diffamare il suo paese, Nazzari rifiuta di adempiere al contratto e la notizia arriva addirittura a Evita Perón che, dopo essersi fatta illustrare il copione, prende le difese dell’artista e gli offre di rimanere comunque in Argentina per visitare il paese e per conoscere personalmente le molte famiglie di italiani emigrati.
Tornato in Italia nel 1949, recita accanto agli emergenti Vittorio Gassman, Silvana Mangano e Jacques Sernas ne Il lupo della Sila. L’anno seguente sempre con la Mangano, Nazzari interpreta anche il film Il brigante Musolino.
Nel 1949 recita, accanto all’attrice di origine greca Yvonne Sanson, in un dramma popolare, Catene.
Catene fu premiato al botteghino da un enorme successo di pubblico (fu infatti il maggiore incasso della stagione cinematografica 1949-50), ed aprirà per Nazzari un secondo fortunatissimo capitolo della sua carriera: tale film fu infatti il primo di una lunga serie di pellicole strappalacrime che appassionarono il pubblico italiano per buona parte degli anni cinquanta rivitalizzando un genere, il melodramma popolare, già molto amato in Italia ai tempi del cinema muto e che negli anni settanta fu rivalutato anche dalla critica cinematografica (che invece all’epoca lo bistrattò e biasimò, descrivendo questi film come dei banali fotoromanzi cinematografici).
Di questa serie di film, tutti interpretati accanto ad Yvonne Sanson, diretti da Raffaello Matarazzo e premiati da un enorme successo al botteghino, ricordiamo Tormento (1950), I figli di nessuno (1951), Chi è senza peccato… (1952),Torna! (1953), L’angelo bianco (1955) e Malinconico autunno (1958).
Non mancano tuttavia i ruoli “impegnati”: in Processo alla città (1952) tratteggia la figura di un coraggioso magistrato napoletano che si oppone alla camorra del primo Novecento mentre ne Il brigante di Tacca del Lupo di Pietro Germi (1952), presentato alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, interpreta il ruolo di un militare impegnato, nell’Italia post-unitaria, a combattere il brigantaggio lucano. In Proibito (1955) avrà per la prima volta l’opportunità di interpretare un personaggio sardo in una storia di faide familiari. Nel 1957 viene scelto da un Federico Fellini ormai affermato, per recitare in Le notti di Cabiria un ruolo di divo in decadenza facendo ironicamente il verso a se stesso.
Sempre nel 1957 Nazzari sposa Irene Genna, attrice italo-greca, da cui un anno più tardi nascerà Maria Evelina, oggi anch’essa attrice di teatro.
Negli anni sessanta comincia ad arrivare qualche delusione: il ruolo del principe Salina nel Gattopardo di Visconti, proposto a lui, va a Burt Lancaster per ottenere finanziamenti da una casa di produzione americana; nel remake de La figlia del capitano, girato da Lattuada col titolo La tempesta, il personaggio di Pugacev che era stato suo viene assegnato a Van Heflin.
Da Hollywood arriva la proposta di girare un film con Marilyn Monroe, ma stavolta è lui che rifiuta, per la difficoltà di recitare in inglese e per il timore di cadere nel ridicolo nelle scene di canto e di ballo (il film, Facciamo l’amore sarà poi effettivamente realizzato con Yves Montand). Nel 1968 ottiene una parte nel film La colonna di Traiano, una coproduzione italo-romena, con Antonella Lualdi e Franco Interlenghi.
In Italia si apre la stagione d’oro della commedia all’italiana, ma salvo qualche sporadica eccezione, Nazzari si rifiuta di interpretare questo tipo di copioni, dirà poi, per una questione di gusto e di rispetto verso se stesso e verso il pubblico. Così, mentre attori più giovani saranno sommersi da proposte di lavoro, Nazzari apparirà sempre più raramente sul grande schermo, limitandosi a ruoli cameo in produzioni internazionali, come in Il papavero è anche un fiore, Il clan dei Siciliani e Joe Valachi… I segreti di Cosa Nostra.
Qualche soddisfazione arriva invece dalla televisione, dove è protagonista dei rifacimenti televisivi di due dei suoi film più celebri: La cena delle beffe e La figlia del capitano e compare come ospite d’onore in trasmissioni celebri quali Il Musichiere, Studio Uno e Settevoci, nel 1963 si cimenta pure nella conduzione televisiva prendendo parte al varietà del sabato sera Gran Premio abbinato alla Lotteria di Capodanno e gira alcuni famosi caroselli per un noto aperitivo, ripetendo come slogan la sua più celebre battuta: «… e chi non beve con me …».
Nel 1969 la RAI gli dedica ben otto prime serate per trasmettere una retrospettiva dei suoi film più celebri. Il ciclo, che ottiene altissimi indici di ascolto e di gradimento, è curato da Gian Luigi Rondi.
Nello stesso anno l’attore è impegnato nella miniserie televisiva La donna di cuori, diretta da Leonardo Cortese per Rai 1 (allora chiamato Programma Nazionale), affiancato da Ubaldo Lay e Sandra Mondaini.
A partire dagli anni settanta, diraderà sempre più gli impegni televisivi e cinematografici per una insufficienza renale che lo costringe a ripetuti ricoveri in clinica. Partecipa anche nel 1975 ad un episodio della serie televisiva L’ispettore Derrick, intitolato L’uomo di Portofino e trasmesso da Rai 2 nel 1979; la scena principale in soggettiva fu girata, in lingua italiana, a Portofino. Negli ultimi due film, Nina di Vincente Minnelli e Melodrammore di Maurizio Costanzo, lo si vede apparire in piccole partecipazioni.
Muore in una clinica di Roma pochi mesi prima che la figlia Maria Evelina gli desse il primo nipotino, Leonardo. Col nome di Amedeo Nazzari Buffa, è sepolto al cimitero monumentale del Verano di Roma.

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